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Aiutare

Cosa ti serve? Se posso, te la dò. Ma esiste anche un'altra possibilità. Ti dò una cosa se tu poi fai qualcosa per me, per fare anche i miei interessi.
Sono due modi di autare, molto diversi. Solo il primo, in realtà può essere definito aiuto, senza alcuna contropartita se non di tipo morale o ideale.
Io non sono uno storico, anzi ho sempre sofferto un pò a studiarla per via delle date, avendo un'avversione innata per lo scorrere del tempo scandito da numeri. Ma da quando avevo 17 anni ho visto come alcuni Paesi concepiscono gli aiuti. fate voi l'elenco.
Secondo me è meglio un paese che autodetermini la sua libertà che uno che si faccia aiutare, specie se chi lo fa pretende un pagamento. La libertà non viene mai elargita da qualcuno, ma strappata con forza da chi la vuole. La libertà importata è una cambiale. In Afghanistan il popolo la sta pagando.

 

 

 

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Anticorpi

carta_tessera

Le società umane adottano comportamenti simili alla biologia dei suoi costituenti, in una sorta di replicazione "frattalica" dei sistemi che l'evoluzione ha messo a punto per proteggere la sopravvivenza delle specie.

L'apparente banalità di avere la tessera sconto del supermercato ne è un esempio. Se ho questa tessera, posso accedere ad una serie di vantaggi negli acquisti di cose spesso necessarie per la mia alimentazione o utili per la quotidiana gestione della mia esistenza. Anche fare il biglietto per prendere la metro, il bancomat, la carta di identità, la patente di guida, la tessera sanitaria. Tutte queste tessere hanno in comune la costruzione di obblighi e di diritti a poter usufruire di servizi che la collettività nel suo complesso mette a disposizione. 

Lo stato attuale dello sviluppo sociale rende ineluttabile l'esistenza di questo sistema di accertamento di diritti. Tutto passa attraverso l'obbligo di avere un riconoscimento certo dei diritti senza il quale si viene o sanzionati o non si accede a determinati servizi.

Ma perchè c'è tale necessità? Posso azzardare che i motivi sono essenzialmente di due tipi. Il primo è inerente la natura, anzi la struttura delle società che storicamente si sono evolute nel corso della storia. Il secondo è la presa d'atto che non tutti i partecipanti alle società sono uguali ed  omogenei rispetto alle regole base che le società si danno.

Ad esempio, il sistema della gestione  delle ricchezze o povertà personali si è andato esternalizzando con l'avvento delle banche, come del resto la salute o i trasporti. E ciò richiede, ovviamente, che i fruitori di tali servizi siano identificati per consentirne l'accesso , il controllo ed il pagamento, più o meno giusto. E questo dipende dalla struttura delle società: una cosa è avere a che fare con uno stato privatistico, un'altra con uno stato collettivistico. Stiamo, ahimè, nel primo caso. La stragrande maggioranza delle nostre tesserine sottintende la sottomissione obbligata ad un modello, prendere o lasciare. Un modello che si è andato via via complicando anche grazie alle tecnologie informatiche, all'automazione degli accessi ai diritti, lasciando fuori molta parte della popolazione che non ha gli strumenti per accedere a queste tecnologie.

E qua veniamo al secondo punto. nelle società privatistiche si fa un uso molto scaltro, direi scientifico, delle differenze tra i suoi componenti. Le differenze sono sia verticali che orizzontali, cioè sia tra classi sociali che tra apparteneti alle stesse classi. E' l'uovo di colombo del "divide et impera". 

Chi appartiene al gruppone dei privilegiati non ha alcun problema ad usare la tecnologia o, più in generale, ad esercire diritti e doveri, facendo slalom tra di essi. Si sono, in realtà, organizzati un sistema di controllo dei loro privilegi flessibile e quasi inattaccabile. Usano la loro forza contro gli altri, la stragrande maggioranza, che viene soggiogata attraverso la gentile elargizione di scampoli di diritti. E qui sta il punto. In una società utopicamente perfetta, alla Star Trek, non ci sarebbe alcun bisogno, ad esempio, di avere la patente di guida. Le persone guiderebbero se sanno guidare, non se c'è un'attestazione di qualcuno che lo sai fare. Prenderebbro l'autobus pagando qualcosa, senza necessità di un'attestazione come il biglietto, senza la quale hai la multa. Sarebbe cioè automatico far coincidere i bisogni collettivi con quelli individuali. Invece ora le sanzioni stabiliscono che una parte delle persone non sono in grado di discernere il bisogno personale da quello collettivo. Ti multo perchè sei ignorante e/o asociale, Se non ti multassi, o arrestassi, diventeresti un nemico della stabilità sociale. Sono cose vere, reali, crude. C'è, in altre parole, la necessità che una parte quanto più grande della popolazione, sia soggiogata dall'ignoranza, sia politica che sociale, che culturale.

Nei confronti della salute si è attuato il capolavoro. Si è riuscito, vuoi per differente accesso alla stessa, vuoi per ignoranza delle più elemantari conoscenze scientifiche, vuoi per la personale percezione che sia ha della salute stessa, a costrurire un ulteriore sistema di controllo sociale, Si è volutamente confuso un malanno qualsiasi di tipo soggettivo, che, si badi, non lo è mai fino in fondo!, un mal di testa, un'artrite, un raffreddore, una depressione eccetera, con la diffusione pandemica di un virus, che è un fenomeno che abbraccia tutta la collettività. Si è innoculato, oltre al virus, anche l'idea che vaccinarsi e dimostrare di averlo fatto, leda la libertà personale, travisando il concetto di libertà, rendendolo solo appertenete alla sfera personale e non ancorato ai bisogni collettivi. Far qul che cazzo ci pare, questo è il messaggio che passa e che attecchisce trasversalmente. O per ignoranza, o per banale egoismo o per voluta ipocrisia.

In un'epoca dominata dalle tessere, tutto va bene, tranne un qualcosa che stabilisce che ho a cuore i bisogni collettivi, che vendono prima e sopra dei miei. Non è tanto il problema che sia obbligatorio o meno vaccinarsi, in una società perfetta neanche ci si porrebbe il problema. E' che stiamo in una fase drammatica della nostra storia, in cui ha vinto l'idea che ognuno si salva da solo. Ma solo una sparuta minoranza si illude di poterlo fare e tale orrenda idea pervade ed ha successo proprio trale vittime di questo sistema. Game over.

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Provax/novax

I nostri giudizi, le nostre azioni, come cioè striamo nel mondo, non possono non tener conto di come esso sia fatto e come interagisce con noi. Tali interazioni, ovviamente, sono mutue ed è inutile mettere in mezzo la storia dell'umanità. Detto questo, dal mio punto di vista, la situazione attuale è caratterizzata da un quadro in cui il capitalismo finanziario si è andato incastrando con un fenomeno in parte nuovo, quale la pandemia.. Essa ha scoperchiato ancora di più, anzi ha reso totalmente evidenti, la violenza, le storture, l'ingiustizia di tale modello economico, culturale e politico. Che sembra però avere ancora una forza straordinaria che lo fa uscire da questa pandemia ancora peggiore, anzichè portare le "masse popolari" ad un suo stravolgimento.
Eh, non c'è dubbio, sono forti questi capitalisti. Sono riusciti a utilizzare molte armi di tipo diverso per portare le sue vittime sulle sue posizioni, a trasformare le vittime in complici spesso involontari. Nell'ordine: un sistema di diffusione valoriale scientifico, fatto di stampa, televisione, istruzione, in cui il messaggio di come sia bello il sistema capitalistico è declinato sia in modo diretto che indiretto, facendo in modo, ad esempio, di depauperare la scuola di contenuti scientifici veri. Il pensiero critico è un pericolo, cosi come la storia e tale approccio è scientificamente applicato per dividere, selezionale e soggiogare. Non per niente al SUD i test INVALSI dimostrano, al di la della loro validità, come sia grande il divario con le scuole del Nord. Se voglio tenere un popolo soggiogato, gli dò tanta televisione e tanta pessima scuola. Ma non è solo questo. Basta aggiungere una robusta dose di mancanza di industrie ad alto valore aggiunto ed una rete clientelare in cui mediare i propri diritti costituzionali. Il gioco è fatto. Faccio litigare i sottoposti fra di loro, è più semplice ed efficiente, magari offrendogli pure delle arene gladiatorie digitali in cui esprimere la loro infelicità ed il loro rancore direi animalesco, non mediato da solidi retroterra culturali.
Non sto qui a ribadire la sconfitta storica che hanno avuto i partiti di sinistra, da tutti i punti di vista. Si sono arresi al pensiero dominante, cullando l'illusione che potesse essere cambiato dall'interno. La furbizia è stata poi ghettizzare i portatori di un'ideologia di sinistra, creando una casta di privilegiati liberi di pensare proprio perchè sostanzialmente protetti, tutelati e con un reddito garantito. Il popolo ci odia, ed in fondo, non facciamo niente per evitarlo, non sappiamo neanche più come si fa. Sono ignoranti, fottuti da mediaset o da facebook? Si arrangiano in mille mestieri esentasse? Fanno debiti per l'ultimo tipo di smartphone? Abbandonano la scuola vantandosi che la strada è la loro università? Tutte ricadute esiziali di questo quadro.
I social media hanno poi enfatizzato l'approccio umorale e non pensato ai problemi. Stanno li a garantire che ciascuno abbia diritto di parlare, purchè in modo immediato e quindi irrazionale. E' un'arena gladiatoria in cui prevale chi sa dire meglio le parolacce. Ogni tentativo di analisi seria viene o ignorata o attaccata da una schiera di flamers o falsi profili.
Il quadro è questo. E sta venendo fuori un pensiero che definirei ipocrita globale, alquanto raffinato, forse. Sappiamo tutti, o quasi, quale sia il ruolo di big farma, mostruosità capitalistica che ha reso merce la salute non solo umana, ma degli animali e dell'ecosistema. Sette miliardi di merce di scambio. La lotta, ad esempio, tra i vaccini è lotta tra superpotenze sia statali che del farmaco, e si inquadra nella lotta tra tutti i tipi di farmaco, anche quelli omeopatici/placebo. Ma la raffinatezza sta nel fatto che un'aspirina, un aulin, un viagra, una qualunque supposta sono ben tollerate ed accettate, anche i vaccini ai bambini, obbligatori per legge. Sono sempre le big farma a gestirle, ma la gente se ne fotte, lo sa ma fa finta di non saperlo. per l'aticovid no. Immense battaglie per ostacolarlo, negarlo, urlare contro chi vuole innocularti microchip e negarti la LIBERTA'.
Ecco che poi accade che viene reinventato il significato di questa parola. Per quanto detto prima, essa viene intesa come diritto sacrosanto di poter fare ciò che si vuole, anche solo potenzialmente e non come assunzione personale di diritti collettivi, non vivendo noi in un'isola deserta ma in una società complessa e strutturata, divisa in classi poi.
I neolibertari, li chiamo così, sono stati fottuti anche dall'abnorme quantità di messaggi contradittori, volutamente, sull'epidemia. Molti ci marciano ma molti ne sono frastornati, non avendo sufficienti strumenti culturali per districarsi in questo groviglio di insensatezze. La medicina non è una scienza esatta ed i medici non sono i portatori di questa scienza, ancorati come sono al sistema capitalistico della salute come merce. Parlo, ovviamente , della maggioranza, esistono pure i martiri. Volutamente si confonde contagio con la malattia, si confonde il ruolo del vaccino, il ruolo di chi non si vaccina. Ed il capitalismo sguazza in questo pantano, modellizzando nuovi scenari di controllo sociale, in cui tutti, ma proprio tutti sono perdenti. Io, da parte mia, le due dosi me le sono fatte, ho il green pass e ieri sera mi son preso un'aspirina, pensando a come striamo distruggendo Cuba. La lotta che è necessario intraprendere è contro lo sfruttamento capitalistico anche della salute, rendere libere le formule e pubblica la sanità, lottando anche contro la pandemia, che esiste. Possiamo litigare fino a domani chi l'abbia voluta, generata e gestita. ma purtroppo e sciaguratamente esiste. negarlo non solo non serve, ma fa il gioco di chi la usa.
 

 

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Stem e altro. La mia esperienza

stem9 scaledNon sono un teorico delle tecnologie didattiche. Mai letto nulla dei grandi teorici dell'insegnamento. Mai frequentato corsi del genere.  Sono entrato nel mondo della scuola partecipando ai concorsi del 1983-84. Venivo dall'azienda privata e volevo tornare a casa. Feci quello di elettronica e ricordo tutta l'avventura dello scritto. La traccia era non so dire se semplice o difficilissima, strano eh? Comunque, un gruppo di noi si era dato appuntamento alle 12 nel bagno della scuola dove si svolgeva il concorso. Io avevo già imbastito un compito che mi sembrava già abbastanza fattibile. Molti miei amici, invece, stavano nella paranoia più nera. Io dissi la mia e, credo, a molti si accese la lampadina, anzi il led. Si sbloccarono, anzi, alla fine alcuni di loro mi superarono pure nel voto. Io ebbi 19/20, alcuni 20/20. Venivo da nessuna esperienza di insegnamento o quasi, gli altri da lungo precariato. L'aver "passato il compito" mi portò dai primi posti al 19-esimo, quasi tutti ex equo ma con maggiore punteggio di base. Ma vabbuò, ci può stare. Potei sciegliere qualunque scuola. 

Quello che, credo mi ha aiutato è l'esperienza nell'industria privata, che sviluppò l'allenamento a cercare soluzioni rapidamente e con efficacia, nonchè l'attitudine a stare sempre aggiornato, sul pezzo. Per far questo non è necessario l'approccio dal generale al particolare, ma il contrario: Saper capire quali sono gli elementi che occorre conoscere per risolvere un singolo caso specifico. E questo è oggettivamente difficile in quanto solo la pratica e l'esercizio ti possono consentire di suddividere un problema in task indipendenti da affrontare separatamente. E quà veniamo al primo problema della nostra scuola. Essa si basa, dalle elementari all'università, su un approccio direi storico alle discipline, che diventa oltremodo problematico delle cosiddette discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria,matematica). La fisica e la matematica non sono la loro storia. In più, per millenni la fisica è stata lasciata ai matematici. Quasi nessun insegnante parte da un fenomeno per ricavarne le sue leggi. Tutti partono da Newton a cui cadde una mela in testa, che non è neanche vero.

Nel mondo della scuola ho sempre cercato di stare aggiornato su quanto succedeva fuori, ed anche cosa si scopriva di nuovo nella disciplina specifica. L'elettronica è come l'anatomia umana, è un campo vastissimo ed ognuno si ricava un ambito da approfondire. Scelsi quelle digitali e basai i miei corsi sui circuiti logici, gli integrati poi man mano, alle reti ed alla robotica, che era l'incarnazione delle STEM. Questo mio spaziare mi portò poi ad avere un esonero, non ricordo come si chiamava, dall'insegnamento ai ragazzi, per avere un incarico da parte dell'allora Provveditorato su un ambizioso progetto di creare a Napoli la prima rete Internet tra la scuole. Eravamo in quattro a gestirlo, di cui solo due sapevano cosa fosse un indirizzo IP. Degli altri due, uno era capace sicuramente di capirlo, l'altro era stato scelto perchè aveva agganci di qualche tipo, cosa molto comune nel nostro mondo. Infatti durai solo tre dei quattro anni, non sopportando la piega che pigliava il progetto, che infatti fece una brutta fine.

Ritornai in sede e mi pigliò l'idea di enfatizzare l'elettronica industriale verso la robotica. Questo è un settore strapieno di problematiche spicciole che richiedono molta teoria! Cinematica, controlli, elettronica di potenza, networking, tutto frullato assieme. Trovai dei fondi con cui acquistare un robot umanoide da assemblare e programmare, due confezioni di lego NTX e, ricordo, un milione di accantonamento per comprare pezzi sciolti. In più attivammo un corso pomeridiano per alunni motivati a cui diedi il compito di rovistare nei rifiuti elettronici della scuola alla ricerca di componenti riutilizzabili. Ovviamente non tutti gli insegnanti erano d'accordo con quanto facevo e facevamo, della serie "anche io dovrei sapere queste cose?" e si vendicavano con gli alunni, direi invano, la mattina, dicendo che perdere il tempo di pomeriggio non gli faceva studiare giacoletto.

Fummo invitati a varie mostre nazionali ed internazionali di robotica, in cui c'era pure l'istituto di Cingolani. Il problema era che gli alunni, a turno ovviamente, dovevano stare alcuni giorni lontano dalle aule avendo a che fare con esperti di altre nazionalità, da pari a pari, e questo faceva imbestialire alcuni miei colleghi. Esperienze fantastiche.

Tutt'ora la mia ex scuola fa queste cose e, devo dire, che molte altre si sono aggiunte, lavorando con sistemi via via diffusisi cone Arduino ed altri simili. Ma, credo, sono sempre esperienze isolate e non sistematiche, quasi pioneristiche.

Le scuole sono luoghi strani: è ritenuto molto più importante farsi cooptare dalla dirigenza o  essere, come diceva un mio bravissimo collega, allineati, coperti ed anonimi. Nessuno mai ti chiederà il conto, nessuno ti giudicherà, basta che nell'ora di lezione non voli una mosca. Non importa che spieghi cose che non capisci tu stesso. Non importa se gli argomenti siano compresi.

Le tracce dell'esame di stato. Quà la cosa si fa complessa e spesso ridicola. Io mi immagino la commissione, che è la stessa che ha elaborato gli attuali quesiti del concorso STEM, in un pub strapieno di birre dove ognuno ha portato qualche cosa trovata in posti strani ed usabile per infliggere umiliazione a chi saranno sottoposti i quesiti. Non interessa loro di redigere quesiti mirati alla determinazione di preparazione e competenze anche didattiche, interessa loro sottoporre quiz come se il premio fosse quello della quella trasmissione su rai 1. Una risata, un rutto ed uno sberleffo. Ma c'è un ma.

Il MA è che le tracce non le sanno risolvere nemmeno gli insegnanti. Nulla è cambiato dal mio concorso a cattedre. Molti aspettano le soluzioni  pubblicate sui giornali o sui siti dedicati. La mancanza di movivazione, l'assenza di valutazioni, il basso stipendio, la assoluta certezza della propria amovibilità porta il corpo docente ad un comportamento simile ai Kapò di triste memoria.

Queste cose voglio sperare che le conoscano chi si è inventato un concorso col tasso di bocciati del 90%. Se non le conoscono è lo stesso. E' un sistema totalmente sfasciato, anzi, putrefatto.

 

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Legge sui lavoratori dello spettacolo

Tale proposta di legge mira a sistemare il comparto dei lavoratori intermittenti della cultura e dello spettacolo (LS) sia dal punto di vista normativo che economico.

Preambolo.

I lavoratori della cultura e dello spettacolo hanno avuto modo ulteriormente, durante la pandemia, di saggiare come il loro comparto sia del tutto privo di tutele, riconoscimento e sicurezze. Qualunque operatore coinvolto, dall'attore affermato fino all'attrezzista, passando attraverso tutte le figure professionali, vive un'esistenza precaria fatta di attese, a volta molto lunghe, di una scrittura. Molto spesso tali scritture sono fatte in nero con l'odiosa pratica che tali scritture sono passate come piacere, in modo paternalistico oppure in cambio di una compartecipazione all'organizzazione dell'evento, cosa innaturale e ulteriormente frustrante. Per troppo tempo è passato il messaggio basato sulla retorica che con l'arte non si mangia, mentre dall'altra parte si dipinge il nostro paese come quello che dovrebbe avere come grande molla di sviluppo il turismo e la cultura. Usando una allocuzione di moda, è necessario far incontrare in modo limpido domanda ed offerta di spazi culturali, mettere a sistema tale comparto trasformando il lavoro degli LS in lavoro certo, continuativo e garantito, combattendo il lavoro nero e/o non tutelato, anche dal punto di vista pensionistico e previdenziale. Tale nuovo quadro normativo coinvolge lavoratori, istituzioni e operatori sia pubblici che privati, ad esempio equiparare i tutti i luoghi dove si esercita la propria attività in luoghi di cultura, prevedendo un regime fiscale agevolato che tenga conto della particolare importanza del settore.

Nella proposta che segue, non si citerà mai il termine sussidio. L' LS quando non è in attività certificate non è disoccupato. Sta preparando la prossima attività.

Il quadro attuale è modellato dal "si salvi chi può": molti tentativi in passato sono stati fatti per arrivare ad un fronte di lotta esteso e coeso, ma alla prima organizzazione di qualche stagione teatrale o di altro tipo, tali fronti di lotta si sono miseramente disgregati, riportandolo alla sua strutturale frammentazione e quindi debolezza. In altri paese non è stato così, riuscendo gli LS ad avere un quadro normativo migliore. E' fordamentale che anche in Italia si arrivi ad una unità degli LS, in cui ci sia il convincimento che solo la coesione potrà avere successo, coesione tra la grande stella e l'ultimo (non per importanza!) attrezzista.

Linee guida di una proposta di legge sugli LS

1. E' istituito il Registro Nazionale dei Lavoratori della Cultura e dello Spettacolo (RNLS). Esso è diviso in sezioni corrispondenti al tipo di attività svolte e associa ad ogni iscritto un codice univoco. Essi avranno attribuita una partita IVA particolare con regime di tassazione agevolata.

2. Ogni iscritto a RNLS è dotato di apposito registro in cui sono riportate le attività svolte in termini di data, durata, luogo e tipo di prestazione.

3. La retribuzione avviene su apposito modulo in possesso dell'ente dove viene svolta l'attività e acclusa al registro personale.

4. La retribuzione è su base oraria, basata su libera contrattazione ma non inferiore a 25€/h

5. L'accesso alla posizione di Lavoratore Intermittente dello Spettacolo e della Cultura (LIS) avviene quando il numero di prestazioni certificate è di 36/anno o 200 ore/anno.

6. Nel caso di LIS, il lavoratore percepirà dallo Stato una retribuzione integrativa nei momenti di fermo proporzionale al numero di prestazioni certificate e non inferiore a 500€/mese. La retribuzione lorda corrisposta potrebbe essere stimabile in 500+100*g, dove g=giorni di lavoro/mese (scenario: supponiamo che faccio 3 spettacoli in un mese. Allora la mia retribuzione sarà 25€/h* 12h=300€ + 500+3*100=300+800=1200 €, supponendo che ogni prestazione duri 4 ore e pagata al minimo.

7. E' libera scelta dell' LS di scegliere l'accantonamento di parte della retribuzione a fini pensionistici, o aderendo alle normative vigenti o con pensioni integrative.

8. gli enti, teatri, locali, tutti i luoghi o le persone che usufruiscono delle prestazioni dei LS sono obbligati a rispettare i punti precedenti, pena sanzioni amministrative commisurate alla quantità di violazioni. Per essi sarà studiata e realizzata una normativa che agevoli  la loro attività, ritenuta fondamentale. Saranno assimilati a luoghi dove si produce cultura.

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