La meccanica quantistica abbiamo visto che rompe gli schemi classici e, direi, familiari dell'analisi della realtà. L'insieme dell'equazione di Shoedinger, dei principi di indeterminazione e della granularità del microcosmo, portano ad una radicale rivisitazione di ciò che consideriamo mondo fisico. Non esistono più traiettorie uniche, non esiste una data energia delle particelle, tutto è sostituito da nuvole di probabilità e dall'impossibilità di stabilire con certezza dove stanno le cose e come si muovono. Il castello matematico inventato da Heisemberg, Dirac, Feynman ed altri, astruso e controintuitivo, però non è mai stato falsificato, anzi.
Ma quello che mettiamo sotto al tappeto sono cose grosse: non è polvere, ma pietre su cui si può inciampare. I padri nobili della m.q., Bohr, Heisemberg, la "scuola di Copenhagen", credevano nella validità dell'equazione di Shroedinger, che si propaga ovunque nello spazio e nel tempo, propagando un'onda di probabilità, ma spiegavano il fatto che poi, quando faccio una misura, ad esempio su un elettrone, lo trovo lì, proprio lì, in un modo strano e poco logico. Dicevano che la funzione d'onda "collassava in un autostato". Spariva la nuvola di probabilità e compariva la certezza classica. Perchè? "Perchè si".
La meccanica quantistica, inoltre, non chiarisce il ruolo dell'osservatore: lo rende ambiguamente partecipe, anzi compenetrato con l'osservato. La realtà esterna esiste a prescindere da chi l'osserva o la misura? Sembra più una "teoria efficace" piuttosto che una teoria fondamentale. Buona per i calcoli, ma piena di difetti epistemologici.
Quest'estate discutevo, mentre cenavamo, e bevevamo molto, con alcuni amici che si occupano di educazione dei bambini: ne avevano alcuni autistici o con Asperger. Io azzardai che, forse, uno dei loro problemi era come e cosa guardassero. La loro esclusione dal nostro mondo poteva dipendere dal fatto che non vedevano noi, ma la nuvola di probabilità di Shroedinger o peggio vedevano molti noi contemporaneamente, come una folla impazzita di cloni. Una versione moltiplicata dell'ubriaco.
Nel 1957 un dottorando americano, Hug Everett, nella sua tesi, stabilì che l'onda di probabilità non collassa mai. In realtà anche un ficico francese, De Broglie, lo aveva detto tempo prima, ma Everett va oltre. L'osservatore vede un elettrone in un dato punto, che è quello che sta nell'universo in cui vive. Ma esistono altre a priori infinite possibilità che tale particella stia da un'altra parte. E disse che ad ogni altra possibilità corrisponde un altro osservatore. Di osservatori ce ne sono più di uno, di universi ne esistono più di uno. Nasceva il concetto di multiverso. Il multiverso quantistico. Vedremo dopo come il concetto di multiverso, apparentemente fantascientifico, sia molto importante per comprendere, ad esempio, quello della gerarchia e molti altri di tipo cosmologico.
Un'altra interpretazione, molto intrigante, è quella del fisico Carlo Rovelli, che fa riferimento alle proprietà relazionali. Secondo tale interpretazione, le particelle esistono tout court se hanno relazione con altre particelle. In altre parole, non ha senso di parlare di realtà isolate con caratteristiche intrinseche. E' l'nterazione tra le cose che le rende reali, non viceversa. Rovelli dice che "la meccanica quantistica non descrive oggetti, ma processi ed eventi che sono interazioni tra processi" Forse la granularità stessa della MQ nasce da questo, dal rapporto uno ad uno caratteristico delle relazioni.