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L'assemblea del primo dicembre 2018

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Teatro pieno. Non solo vecchi e/o la solita compagnia di giro. Assenti i segretari dei partiti che in questi giorni hanno mostrato interesse e condivisione. Alla fine, una mia piccolissima inchiesta tra gli amici è stata quasi unanime nel dare giudizi positivi specie sull'intervento finale. Particolarmente apprezzati quelli del giornalista e di podemos. Il taglio dell'iniziativa non prevedeva la presenza esplicita di altri partiti tranne quello del nostro sindaco. Ma anche Dema era, in qualche modo, defilata avendo parlato Panini come vicesindaco e De Magistris come sindaco. Quindi quelli che accusano di non essere stati invitati come organizzazioni politiche (Pap) lo fanno, secondo me, in modo strumentale. Si è dato voce fondamentalmente ad esperienze civiche o legate al precariato, come potete vedere alla fine nel cronoprogramma della giornata. 

Ma quello che mi ha colpito, in modo all'inizio straniante, poi via via più convincente, è stato l'intervento di de Magistris:IMG 20181201 131616748 Small il taglio che ha dato ed il modo come lo ha fatto. Non ha parlato in modo esplicito di alcun argomento sensibile dell'attuale dibattito politico: scuola, sanità, tasse, reddito di cittadinaza, legge sulla sicurezza, nel senso che non è entrato nello stretto merito. ha incentrato il suo discorso su quello che anche secondo me è il problema dei problemi: quello che sta prima della politica, io la chiamerei metapolitica. Si riferisce a sentimenti, passioni, lealtà, empatia, uguaglianza, onestà e finanche amore, senza dei quali qualunque discorso politico diventa solo esercizio retorico e sfoggio di nozionismo.Ha dettato, a modo suo, con verve a tratti spettacolare (cosa fondamentale: buca gli schermi e gli schemi, funziona alla grande come comunicatore), quale deve essere la base morale, etica, su cui fondare qualiasi proposta non effimera e non detestabile a priori e a posteriori (LEU docet ed anche PAP non sta molto bene). Inoltre affronta a modo suo, che diventa credibile,un altro problema capitale che la sinistra ha messo sotto il tappeto, dimenticandosi del marxismo e della lotta di classe: il rapporto tra giustizia e legalità. Non cita mai, e a questo punto fa bene, la legalità "borghese" o la giustizia "proletaria", contrapposte nello schema marxiano. Lui trasferisce questa contraddizione all'interno della difesa dei principi costituzionali sovrani. E, in questo nuovo paradigma, risolve d'ambleè il problema della ribellione, resa giusta, obbligata dalla difesa, anzi dall'applicazione militante della Costituzione. 

Il mio pessimsmo della ragione naturalmente mi fa dire a me stesso: e domani mattina? Ma la residuale componente ottimistica mi fa pensare che, se avrà successo questo suo tentativo di aggregazione, che partirebbe dal basso come componenti sociali e politiche, ma dall'alto, anzi dalla stratosfera della nobiltà etica e morale che faccia da imprinting per tale aggregazione, si potrà avere una qualche chance per uscire dal nostro pantano.

Cronoprogramma: 

13:21 conclude Luigi de Magistris
13:20 video di Pablo Iglesias, Podemos
13:13 Intervengono Jesus Santos e Alejandro Merlo per Podemos
13:08 Interviene Francesca Pappacena, attivista diritti civili LGBT
13:01 Interviene Sandro Metz, cooperante Mediterranea
12:56 Interviene Attilio Motta, coalizione civica per Padova
12:48 Interviene Cecilia Strada
12:43 Interviene Bruna Varriale, lavoratrice comdata
12:36 Interviene Fatou Diako, associazione Hamef
12:29 Interviene Paolo Maddalena
12:23 Interviene Marcello Belotti, Barcelona en comu
12:19 Interviene Giacomo Cossu, studente 
12:08 Interviene Paolo Berizzi, giornalista 
12:04 Interviene Enzo Tosti sulla terra dei fuochi
11:57 Interviene Federico Martelloni, lista civica Bologna
11:50 Interviene Gianni Fabris, altra agricoltura
11:43 Interviene Marina Boscaino, portavoce nazionale LIP Scuola
11:38 Interviene Filippo Sestito, ARCI
11:32 Interviene Giuseppe de Marzo, rete dei numeri pari
11:28 Interviene Michele Conia, sindaco di Cinquefrondi 
11:21 Interviene Claudio Sanita
11:14 Interviene Paolo Cacciari
11:08 Interviene Giovanna Cavallo di Baobab
11:02 Interviene Giulia Rodano della casa internazionale delle donne
Interviene il segretario demA Enrico Panini
10:45 introduce Giacomo Russo Spena

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Vuoto, niente, atomi

loloFacciamola finita con i paragoni assurdi tra politica e fisica.

Spesso paragoniamo la situazione attuale della sinistra al vuoto o al nulla. Oppure denigriamo la sua frammentazione o la presunta irrilevanza alla fissione dell'atomo.
Mai errori più banali, anzi sono talmente grandi da meritare una puntualizzazione.
Il vuoto ormai è assodato che ha una pressione negativa, cioè "spinge fuori". E' la causa dell'espansione accellerata del nostro universo, è il motore della sua evoluzione. Einstein in qualche modo se ne era accorto e chiamò tale fenomeno costante lambda. Si pentì della cosa, anche i geni possono sbagliare, ma poi dopo si scoprì che la sua intuizione era corretta.
C'è poi la meccanica quantistica, con i suoi verificati principi di indeterminazione, che stabilisce che, più faccio i vuoto, più esso brulica di incessante attività: si creano particelle, energia, in un brulicante turbinio di processi. tale turbinio spiega le anomalie della fisica dei buchi neri(anche questo è un paragone che è un vanto, non un'offesa).

Ah, la scissione, o meglio la fissione dell'atomo. Quel cretino di Enrico Fermi e molti altri ci fecero la boma atomica. E ho detto tutto.

 

 

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Ripensare i percorsi partendo dai fondamentali

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Luglio 2018

contributo per il confronto sulla costituzione di Leu

Chiunque voglia firmare il documento, perché ne condivide i contenuti, può farlo scrivendolo nei commenti.

Abbiamo appreso dai vari documenti prodotti e dal confronto di questi mesi che un gruppo ristretto di dirigenti sia disposto a fare tutto per la costruzione di una nuova sinistra, tranne quello che è necessario.

Ci stiamo chiedendo perché un progetto sconfitto, strutturalmente marginale, che non può incidere sugli effetti della crisi, dato il suo scarso peso nelle dinamiche politiche, che si è caratterizzato per notevoli errori compiuti dagli uomini che lo hanno portato avanti, tuttavia vada perseguito.

Un passo indietro -

- L'instabilità del capitalismo. Rischio, limite, incertezza e crisi -

Ci sono molteplici fattori che ci inducono a considerare che la fase storica che stiamo attraversando non abbia più i caratteri di una transizione, ma abbia assunto i caratteri di una vera e propria mutazione, che si delinea attraverso alcuni principali elementi (Laino):

- il grande ciclo di trasformazione dei fondamentali dell'economia e della produzione;

- la rottura di cornici novecentesche e un diffuso sentire di un nuovo disagio della civiltà;

- il passaggio dalla fine del colonialismo alle rivolte negli stati arabi del Nord Africa e cambiamento dei governi;

- l'aumento delle possibilità di spostamento di ampie masse di popolazione; la crescita

della mobilità e la riduzione della stanzialità e quindi della prossimità; prevalenza del flusso e del movimento sul luogo, sul radicamento;

- la progressiva emancipazione delle donne e trasformazione dei peso dei vincoli materiali e culturali nella riproduzione sociale;

- i cambiamenti pertinenti alla vita personale e alla riproduzione dei rapporti sociali;

- la precarietà, l'uomo flessibile, la diffusione del lavoro flessibile come esperienza di massa, soprattutto per alcune generazioni, con il portato dell'egemonia della temporaneità che tali esperienze inducono; si sfalda ”Il diamante del lavoro, che aveva tre facce che riflettevano luce a varia intensità, il lavoro salariato e normato, il lavoro autonomo e le professioni libere, si è scheggiato in una molteplicità di schegge dove più che le forme di cui si è al lavoro conta quanto si è nomadi lungo il ciclo produttivo e quanto si è multiattivi, cioè disponibili a più attività lungo l’arco della propria esistenza. Questo vale sia per chi è fuori nel ciclo della subfornitura, sia per chi è nel sottoscala del lavoro sommerso, che per i tanti al lavoro nella rete dei servizi” (Bonomi)

- l'incremento esponenziale del tasso di alfabetizzazione e dei livelli d’istruzione.

- l'innovazione nella ricerca biologica e biomedica e loro esiti nelle terapie;

- l'ampia e diffusa propensione in molti ambiti di ricerca verso il cambio di paradigmi e l'adozione assemblata, contaminata di diversi approcci;

- l'evidente cambiamento della concezione di pubblico.

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Dove nasce la confusione?

Quando non abbiamo sotto controllo tutte le informazioni su un determinato argomento, non possiamo trarre conclusioni utili ed efficaci per agire. Si agisce allora usando l'esperienza pregressa e/o si agisce d'istinto mettendoci dentro anche una dose di irrazionalità. Nel caso del rapporto che abbiamo con chi è diverso da noi, a partire dai nostri immediati vicini per finire a quelli via via più lontani, vige una sorta di principio di autosimilarità: non sopporto i miei cari, poi i miei coinquilini, quelli del quartiere, poi odio i miei concittadini. I napoletani odiano i casertani, i lombardi i campani, gli italiani i francesi. Gli europei i migranti. Una spirale divergente di insopportabilità che ha radici nella nostra psicologia e nei comportamenti di gruppo, terreno della politica. Se sto bene con me stesso sto bene anche con gli altri, quindi, secondo me, la genesi del disagio verso il diverso si basa sul fatto che in fondo, io stesso non mi sopporto. Vorrei essere più ricco, più libero sessualmente, avere un lavoro e dei rapporti sociali migliori. Se non ho queste cose ho varie possibilità, dalla più semplice e banale a quelle via via più complesse.  La più semplice è ovviamente seppellire i miei problemi esistenziali e prendermela con chi rep

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uto la causa dei miei mali, attaccandoli direttamente, direi fisicamente, non per quello che rappresentano ma per quello che appaiano a me, dato che già inquadrarli politicamente comporta un'analisi che mi costa fare.

Tornando alla mancanza di informazioni, esse sono fornite da sorgenti ovviamente esterne a me, ma su cui io non sono neutrale, nel senso che finisco per scegliere le sorgenti più comode ed affini al mio modo di pensare, generando un modo perverso di elaborare modelli di ciò che accade. Il modello compiace i miei preconcetti. Tale fenomeno è tanto più marcato quanto più è alto il mio disagio, il mio retroterra culturale e la mia base di esperienze. Può accadere che ciò che non vedo addirittura finisce col non esistere: ma in realtà non voglio vedere e non voglio che esista, troppo impegnativo e sgradevole.

Esempio: i migranti esistono perchè dalle loro parti stanno evidentemente male. E stanno male perchè in quei luoghi si sta male, per cause interne ma anche perchè i loro luoghi sono depredati da altri, da stranieri, cioè da noi, o meglio, da quelli che tra noi hanno la forza e la capacità di depredarli. E, in mancanza di una analisi di questi processi, troviamo estremamente comodo prendercela con quelli che ai semafori ci puliscono per l'ennesima volta il parabrezza. vengono da noi a raccogliere pomodori e ci incazziamo perchè tolgono lavoro anzichè lottare, noi, contro chi offre il lavoro sfruttando chi lo dà.

Possiamo quindi dire che il problema dei migranti sia uno dei tanti fenomeni che testimoniano che i miei problemi esistenziali hanno una delle loro genesi nel fatto che viviamo in una società ineguale, basata sullo sfruttamento multilivello. Ma se posso in qualche modo contrastare il mio vicino cazzimmoso, mi accorgo che, se voglio migliorare il mio posto nel mondo, devo coalizzarmi per lottare contro chi sfrutta il mondo per i propri interessi di accumulo di potere e ricchezza. Questo però p politica, che è fatica, uso di passione ed intelligenza, coinvolge me e gli altri. Troppa fatica. Meglio odiare, finchè dura.

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Non facciamo come la teoria delle stringhe

Nel 1968 un giovane fisico italiano diede il via ad una teoria che ipotizzava una nuova interpretazione delle particelle elementari: esse erano modi di vibrazione di una entità ad una sola dimensione, una corda vibrante, una stringa(corda=string).

La teoria delle stringhe ha monopolizzato la ricerca scientifica fondamentale fino ad oggi. Ha avuto i maggiori finanziamenti, il maggior numero di professori e ricercatori, mettendo in un angolo altri settori di ricerca. Man mano che si sviluppava, diventava via via più complessa, cercando di superare contraddizioni, vincoli, ostacoli matematici e fisici. Ha generato un paesaggio di teorie possibili, il cui numero supera di gran lunga il numero di particelle dell'universo che cerca di interpetrare. Ha creato, inoltre, un atteggiamento settario di difficilissima critica, basato forse sul fatto che è terrificante ammettere di aver perso tempo per 50 anni.

Ma la teoria è affascinante, bella, elegante: pensare al nostro mondo fatto di una danza o di una musica di corde vibranti ha un chè di poetico, accattivante ed anche metafisico.

Ma è probabile che quest'affabulazione sia solo tale, è probabile che la teoria sia sbagliata e non sia la cura per comprendere come funziona il nostro universo.

Non so voi, ma vedo assonanze con la situazione politica attuale, in cui il fascino e la componente giusta ma limitata dell'irrazionalità prevale sulla ragione, E non vorrei che tale situazione possa durare 50 anni, che la fisica ha sostanzialmente perso.

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