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la musica dell'universo

Questo è il riassunto di una mia partecipazione ad un convegno a Campobasso di qualche anno fa, in cui mi chiesere che rapporto ci fosse tra la musica e l'universo! In realtà mi servì per spiegare la teaoria delle stringhe, di cui ora sono alquanto scettico.

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L'uomo ad una dimensione in meno.

Ci stiamo sempre più avvicinando ad un mondo in cui le dimensioni variano a seconda dell'angolo della visuale. Mentre per pochi continua ad essere quadridimensionale(tre dimensioni spaziali più il tempo), me per il resto si incominicia a perdere una dimensione spaziale. Tutto si sta appiattendo sullo schermo dei nostri disposivivi digitali, facendo perdere la dimensione spaziale delle nostre interazioni e dei nostri problemi. Anche per il tempo, devo dire, si sta rivedendo la sua intrinseca natura, essendo ricondotto ad uno scroll sui videoterminali. Tutto sembra ricondursi ad una serie di atomi di presente, senza più nè storia nè memoria. Una degenerazione della visione di Barbour, filosofo dell'assenza del tempo.

I fatti che stiamo vivendo stanno estremizzando questo processo che ha ormai origini più che ventennali. Secondo me l'origine è da far risalire alla fase storica dello sviluppo capitalistico che di è finanziarizzato in sinergia con l'enorme incremento di potenza delle mtecnologie informatiche.Sono venuti a saltare tutti i vecchi meccanismi del rapporto capitale-lavoro, rendendo sempre più gassoso il rapporto tra chi lavora e chi detinene gli strumenti di produzione. La suddivisione classica delle classi sociali non è più valida. Anche quella culturale. Il titolo di studio o quanto si sia letto non bastano più a garantire un preciso posto nel mondo. Il rischio che si sta correndo è che c'è l'avvento di una nuova super-classe di sottoproletariato non più palesemente straccione, ma intrinsecamente legata ad i suoi classici stilemi: egoista, legata al solo presente di sopravvivenza, famelicamente avversa all'altro, visto come umani o come ambiente. Sottoproletari con casa, suv, vacanze sulla neve magari, ma con alcun valore della propria vita e delle proprie cose. Ovviamente tale classe non ha coscienza di sè e lotta contro tutto, tutti sono nemici. ma non lotta in senso classico, non ha piazze reali o cassonetti da rovesciare, ha solo da difendere la propria individualità e la propria roba. L'unica piazza in cui manifesta palesemente il proprio rancore è quella virtuale.

E' estremamente facile comandare in una situazione come questa. Le ologarchie hanno a disposizione praterie di uomini-atomi scorrelati ed in fondo disperati che riescono ancora a soggiogare alimentando la loro frustrazione elargendo modelli di comportamento e beni materiali di sopravvivenza, la maggior parte legati ad effimero consumismo.

La vera tragedia dei nostri tempi non è però neanche questa. E' quella di una opposizione di classe che rinunciò a lottare, sperando, anzi credendo che lo sviluppo capitalistico fosse controllabile e correggibile. Non ha solo perso il seguito, ha perso l'anima ma soprattutto ha perso la capacità di analisi del presente. Non offre più modelli e prassi alternative. Ha perso.

 

 

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Fondamento teorico del benaltrismo

\overline {A\cdot B}=\overline A+\overline B

\overline {A+B}=\overline {A}\cdot \overline {B}
Inizio provocatoriamente con i teoremi di De Morgan, teoremi di logica. A e B sono ad esempio frasi semplici, formate da soggetto, verbo e complemento. il punto sta per "e", il più sta per "o". La barra sta per negazione. Se A=" Napoli è violenta" e B="I raiders sono schiavi", la prima parte della prima identità si traduce in: quale è la frase che è l'esatta negazione della frase "Napoli è violenta e i raiders sono schiavi"? La risposta è "Napoli non è violenta o(oppure) i raiders non sono schiavi", rappresentata dal secondo termine.
Il benaltrismo è quella patologia logico/semantica che mischia gli "o" con gli "e", rendendoli o sinonimi o semplicemente privi di senso. Ad esempio; io dico una cosa e un altro controbatte "ma il problema è un altro, partendo dall'ipotesi che sia vera o un'affermazione o un'altra. Il benaltrismo è per la semplificazione: abolisce gli "e" usando solo "o", distruggendo non solo la logica, ma tutto il pensiero razionale. Per il benaltrista non esisterebbe l'elettronica digitale, che gli consente di sparare impunemente le sue assurdità. Non si pone neanche il problema che sia necessario lottare sia sul fronte, nel nostro esempio, della delinquenza di prossimità che su quella strutturale, sistemica direi, che è l'enorme sfruttamento dell'uomo. No, per lui è o l'uno o l'altro. La patologia sembra, e mi piange il cuore, che sia molto più diffusa in coloro che si dichiarano di sinistra.
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Complottisti/Terrapiattisti

I complottisti/terrapiattisti non sono affatto in malafede. La malafede presuppone lucidità e possesso delle facoltà logico-deduttive. Essi sono dementi o meno gravemente, affetti da disturbi paranoici. Non si può approcciarsi a loro con ragionamenti, argomentazioni, dialettica. Faccio un esempio, tratto da un documentario. Il terrapiattista vuole dimostrare la non sfericità della terra e per questo organizza un esperimento, molto valido. Pianta tre pali della stessa altezza a due chilometri di distanza, con un foro alla stessa altezza. Dopo averli allineati al meglio possibile, con l'aiuto di amici, binocoli, tanta pazienza, spara un raggio laser abbastanza potente dal foro del primo palo, stringendolo al massimo con lenti. Esso non raggiunge i terzo foro, se non variando l'altezza del secondo e terzo palo. Una persona normodotata deduce che la superficie non è dritta. Ma loro no, dicono che sebbene la superficie sia curva, il bello è che lo hanno constatato, ci deve essere, sicuramente, un qualche altro motivo che non fa tornare i loro conti, forse i pali con la distanza si allungano o altro. E' inutile dirgli che se modifico opportunamente l'elevazione di pali supponendo che siano su un arco di cerchio i conti tornano. No. Non può essere, per loro. Non c'è nulla che si possa fare con loro, normalmente. La tragedia è che sono molti.

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Ilya Prigogine, sistemi lontani dall'equilibrio

(vecchia intervista)

Siamo tutti nati nel passato, e moriremo tutti nel futuro: soltanto in un romanzo come "La freccia del tempo" di Martin Amis, infatti, la vita di una persona può andare dalla bara alla culla, invece che dalla culla alla bara. La direzione dal passato al futuro, inoltre, è la stessa che va dall\'ordine al disordine: solo in un film proiettato al contrario, infatti, una tazza a pezzi sul pavimento può ricomporsi e saltare sul tavolo, invece che cadere e rompersi. Stranamente, però, questi fenomeni cosí familiari nell\'esperienza quotidiana sono stati a lungo rimossi dalla scienza canonica, che ha preferito concentrarsi sui fenomeni reversibili nei quali la freccia del tempo può puntare in entrambe le direzioni, invece che in una sola.

La comprensione dei fenomeni irreversibili ha subíto una rivoluzione grazie allo studio delle "strutture dissipative": di quei sistemi, cioè, lontani dall\'equilibrio e aperti all\'esterno, nei quali le fluttuazioni di energia possono produrre "ordine dal caos". Il motto è di Ilya Prigogine, colui che "ha trasformato la scienza della termodinamica irreversibile", secondo la motivazione del premio Nobel per la chimica che gli è stato assegnato nel 1977, senza condivisioni. Per vent\'anni, però, dalla loro prima formulazione nel 1946, le teorie di Prigogine erano state guardate con sospetto, e solo alla fine degli anni \'60 la scoperta dei cosiddetti "orologi chimici" ha fornito la verifica sperimentale della loro preveggente correttezza.

Prigogine, che è nato in Russia nel 1917 e divide il suo tempo fra il Belgio e il Texas, ha in seguito divulgato le sue visioni in libri di grande profondità filosofica e scientifica, che vanno da "La nuova alleanza" (Einaudi, 1981) a "La fine delle certezze" (Boringhieri, 1997): opere articolate e controverse, nelle quali la teoria dell\'irreversibilità viene presentata non solo come l\'anello di congiunzione fra l\'inanimato e l\'animato, ma anche come un possibile ponte di collegamento fra le "due culture".

Abbiamo intervistato questo protagonista della scienza del Novecento in occasione del suo ottantacinquesimo compleanno, il 25 gennaio 2002, trovandolo non solo arzillo e vivace, ma entusiasta degli ultimi sviluppi tecnici della sua teoria.

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