Il mio mestiere mi ha insegnato come sia problematico guardare alle cose, che sono in fondo nostre costruzioni mentali. Sarebbe molto più efficiente badare ai fatti, ai fenomeni che accadono sgombrando la nostra mente da preconcetti e schemi fissi.Ma anche qui sorge una contraddizione.: senza una pre-concetto non posso analizzare nulla! C'è, inoltre, una ulteriore complessità derivante dai fattori di scala: il fenomeno con cui interagisco è diverso se cambio la scala di riferimento. C'è cioè una intrinseca differenza se lo osservo dal microscopio o dal cannocchiale. Che non è solo differenza spaziale, ma anche temporale: man mano che mi allontano spazialmente, emerge sempre più violentemente anche il tempo. Se guardo una stella lontana, la guardo nel tempo. Se guardo un atomo lo osservo nello spazio, fondamentalmente.
Guardare ai morti, alle case crollate, alle devastazioni di una guerra, con lo sguardo di prossimità che mi concede la nostra tecnologia, mi fa osservare un fenomeno che, allontanandosi, rimanendo ovviamente lo stesso, si arricchisce di nuovi strati che lo inglobano, lo contestualizzano e lo storicizzano. L'errore che commettiamo, quello più rischioso e subdolo, quasi inevitabile, è osservare i fenomeni mischiando le scale, adottando, per esempio, il canocchiale per osservare da vicino ed il microscopio da lontano, o nessuno di questi. Ma usando strumenti diversi e sbagliati non ci porta da nessuna parte.
Questo dal punto di vista metodologico. Ma mo viene il bello: la scelta. La scelta di come osserviamo,misuriamo ed interpetriamo la realtà, o meglio, ciò che sta fuori da noi, può essere sia autonoma che, in qualche misura, imposta. Esiste, cioè, il tentativo, spesso riuscito, di imporre un modello dominante che informa, cioè forma dentro, le nostre menti, e possiamo chiamarlo modello dominante. Che è subdolo in quanto spinge, ora, ad esempio, ad avere un giudizio astorico, acritico sulle cose che si vedono, basato su una risposta emozionale e quindi acritica su cui si poggia, invece, una sorta di giudizio storico irrazionale. Vedo il sangue, quindi i'assassiono è il cattivone, lo è sempre stato e sempre lo sarà. Terreno scivoloso: Se osservo la guerra da vicino, è sempre stata un fatto inumano, in cui si è rotto, tra tutti, il patto tra ragione e sentimento. Ma la mia ragione mi dice, in modo sempre più flebile, che le cose stanno in modo diverso.
Il mio schema privilegiato è questo: la sopravvivenza dell'umanità non è una cosa omogenea, ma è la lotta delle classi sociali. E' una lotta violenta e spietata, in cui i sentimenti sono differenziati e collidenti, in cui la violenza di qualcuno corrisponde specularmente alla violenza di qualcun altro. La guerra in sè va vista come una delle possibilità, è la "politica fatta con altri mezzi". Naturalmente un mondo in armonia giustamente la aborrirebbe, ma il nostro mondo è ben lontano ancora dall'armonia. Se osservassimo da lontano quello che sta accadendo, vedremmo come le genesi dei conflitti armati siano riconducibili a conflitt di egemonia e sopraffazione tra le classi sociali e la fase attuale è quella che vede gli oppressi sconfitti ed il grande capitale vincente. sia esso finanziario, oligarchico, teocratico o collettivistico.dategli il nome che volete, sempre capitalismo è.
Sto vivendo un periodo di grande disagio.Diminuisce la speranza, aumenta il rimpianto, ottimismo ai minimi storici. Il mio mettere le cose sotto al tappeto del tempo, col tempo ha riempito tutti gli spazi che ritenevo scioccamente infiniti. Lo spazio-tempo del tappeto è finito e limitato, e ciò che ho messo stra vomitando fuori. Ma non tal quale, perchè nel frattempo la roba ha fermentato, producendo percolato ed anche un fetore insopportabile. Ho confidato in persone, ho creduto in situazioni, ho commesso tanti errori, Speravo sempre di cavamela, di uno sviluppo positivo, di un qualcosa anche di indistinto che mi aiutasse o facesse i miei interessi. Invece quello che esce è in fondo quello che ho messo, con in più la putrescenza cresciuta col tempo.
Non trovo più differenza tra piccoli e grandi problemi, tra fatti quotidiani e accadimenti generali: tutto è frullato in un disagio che investe me, i miei amici e familiari e via via il mondo in cui vivo. Amici che ritenevo, usando l'ottimismo, persone frequentabili, che, nascondendo a me stesso le loro per me reali caratteristiche, si sono palesate per quello che sono. Il mio modo di vivere che mi ha portato sì cose belle ed interessanti ma che alla lunga si è ritorto contro di me. Ho confidato che coloro, che mi hanno offerto candidature politiche, potessero tener conto della mia disponibilità. Ho creduto che venisse fuori prima o poi un movimento, anzi un sommovimento di coscienze contro un mondo storto ed immotale. Niente: nascondevo a me stesso che erano in realtà scorie che nascondevo, nell'illusione sciocca che in tal modo il problema non esisteva. Il due eventi come la pandemia e la guerra hanno fatto scoppiare il tappeto, e forse questo è in fondo un fatto liberatorio. Non più ipocrisie, piccolo cabotaggio o tattiche. Tutto sta scoppiando nella crudezza della realtà che ci sovrasta: Amici cretini, sotterramenti delle ideologie, annullamento della storia, l'ignoranza vissuta come virtù, ed anche io che sto pagando giustamente i miei errori che speravo che mi fossero perdonati, illudendomi miseramente. Vivo nel mio fortino ma i nemici sono lì, e aspettano una altra mia mossa falsa. ma, tiè, cercherò di non farne o farne il meno possibile.Nel frattempo, le bombe cadono e tutti a piangere, ovviamente giustamente, per i bambini che piangono, ma pochi a chiedersi perchè si sia arrivati a questo, in un atteggiamento in cui il tempo sia, alla Barbour, un eterno presente. Si continua a nascondere sotto al tappeto, mentre Draghi delira.