Atomi e bit

Il titolo riprende una frase di Nicolas Negroponte. Le persone quando protestano per qualche cosa di norma per rendere efficace, cioè misurabile, il loro dissenso, ci mettono i loro corpi, la loro facccia, cioè i loro atomi.

Le reti telematiche possono accelerare i processi di aggregazione, definendo scopi, luoghi e modalità: le informazioni corrono veloci ed economiche, essendo bit. Ma le azioni sono fatti tangibili, sono atomi.

Di cosa si parla quando si citano cose come "democrazia digitale", "social network", "blog"?

Democrazia digitale. L'avvento di internet ha reso economica la realizzazione di piattaforme su cui ognuno può dire la sua. Attenzione, ho detto economico, non semplice! Per realizzare concretamente tali piattaforme è necessario avere competenze specifiche che portano alla creazione di nuove elites, chiamati guru. C'è poi l'aspetto tecnologico che impatta con quello democratico: ogni portale, piattaforma, sito ha un amministratore, che gode di privilegi assoluti. Può cancellare, "bannare", cioè indirizzare i contenuti come meglio ritiene. Può avere cioè sia un ruolo neutro, di regolazione e moderazione, sia pervasivo, con una ampia gamma di comportamenti intermedi tra questi due estremi.

Nell'oceano delle reti quindi è possibile qualsiasi forma di tipi di aggregazione, anche se, allo stato attuale, grande parte hanno i classici sistemi di broadcasting mutuati dai media tradizionali come giornali o televisioni: da uno a tutti, magari attenuati dalla possibilità di "rispondere", facendoli sembrare "interattivi". Ma c'è da dire che novità ci sono state, addirittura rivoluzionarie. I social network.

L'avvento dei social network è coinciso con un dato antropologico: il fatto che le giovani generazioni sono cresciute con l'informatica. I loro padri avevano già riempito le proprie case di computers e videogiochi. Nativi digitali. In più: gli anni novanta ed anche gli ottanta erano caratterizzati da riflusso ideologico e benessere anche se drogato. In questo contesto nasce facebook, che offre formidabili opportunità di aggregazione e comunicazione.

In esso chiunque può esprimersi, mostrare se stesso, dire la propria, sfogare le proprie passioni ed anche le proprie frustrazioni. Mi sembra quasi come quando si assiste alla partita di calcio della squadra per cui si tifa. davanti allo schermo con i pop corn, la birra, rutto libero. Fantozzi, cioè. I social network canalizzano la frustrazione, in qualche modo la attenuano nel loro essere un valium a basso costo. Avere la possibilità di sfogarsi è già mezzo calmarsi, cioè ammortizzare il dissenso o la rabbia.

In assenza, quindi, di cambiamento di fase, di passare cioè dai bit agli atomi, cosa faticosa perchè richiede di alzare le chiappe dalla sedia, uscire e confrontarsi de visu, cosa faticosa e per molti fonte di paura, le reti sociali sono un meccanismo sostanzialmente reazionario. Le reti sociali come amplificatrici degli ego repressi non portano ad alcun vantaggio collettivo, anzi danno luogo a nuove patologie collettive.

Caso di studio è il grillismo. Grillo ha un portale sostanzialmente monodirezionale in cui è accettato il persiero unico del proprietario. Viene bannato e deriso il dissenso. Però l'intelligenza di intercettare l'infelicità, il senso di inutilità delle nuove generazioni (e non solo nuove) gli ha permesso di avere un uditorio vastissimo ma sostanzialmente vacuo poichè fondato su atteggiamenti nevrotici e solipsitici. L'atto di genio è stato però quello di passare anche agli atomi: vediamoci nelle piazze. Ma il meccanismo è lo stesso del portale: io parlo, mi incazzo, dico parolacce (il rutto, la parolaccia sono liberatori!) e voi ascoltate e vi incazzate.

Ecco. L'aspetto nodale è proprio quello che il social network non ha portato a organizzare in modo razionale, cioè politico, la rabbia ed il dissenso, ha solo cambiato veste. Nel caso di grillo, solo un modo di farsi pubblicità. ma sull'infelicità e la nevrosi si fonda solo, dal punto di vista politico, uno stato autoritario e fascista.

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